Ferdinando II° incontra Frà 'Ntoni da Panettieri

 

Il Sovrano nel Convento di Rogliano.

 

Frate Antonio da PanettieriFu in quest’ultima occasione che Ferdinando II incontrò Fra ‘Ntoni. <<Nelle ore pomeridiane del giorno 8 (ottobre 1852, nda) – ricorda Raffaele De Cesare – il Re lasciò Donnici e giunse verso sera a Rogliano. Le altre volte era stato ospite in casa Morelli, ma questa volta preferì l’incomodo alloggio nel Convento dei Cappuccini, le cui umili celle erano state addobbate con molti mobili, requisiti presso la famiglia Morelli da un capitano di gendarmeria>>. <<L’incidente più notevole di quella ospitalità – continua l’apologeta della famiglia Morelli – fu la conoscenza che il Re fece di Frate Antonio, Fra ‘Ntoni, laico in odore di santità, il quale dispensava ricette per guarire e si assicurava che facesse qualche miracolo. Non si lavava mai, e il sudiciume dei suoi abiti e della cella era reso maggiore dalla sua stravagante passione per un ghiro, che aveva addomesticato e gli dormiva addosso, obbedendogli come un cane. Il Re andò a visitarlo nella cella, e Fra ‘Ntoni, mostrandogli il ghiro, gli disse che il popolo doveva essere al suo Sovrano così affezionato, come il ghiro era affezionato a lui!>>. La decisione di Ferdinando II di fermarsi presso i Cappuccini non fu casuale, ma rispose ad esigenze politico-ideologiche che gli fecero superare persino i noti pregiudizi superstiziosi verso i monaci ed in particolare i Cappuccini che egli riteneva portatori di malaugurio. Nonostante la nuova posizione politica assunta dai Morelli, non mancavano di certo nel paese altre ricche e nobili famiglie ancora legate ai Borboni, né sedi istituzionali laiche che meglio delle anguste e fatiscenti celle dei monaci avrebbero potuto accogliere il re e la sua scorta. Si trattò, in realtà, di un segno dei tempi che, pur sotto l’apparente immobilità, cambiavano; di una risposta conservatrice ad una situazione di crisi, certamente marginale e locale, ma che portava in sé i caratteri di una crisi più profonda e generale che in quel periodo minacciava la stabilità del regno. Di fronte al tradimento dei Morelli e in presenza di un significativo fervore liberale nel paese e nell’intera zona, il re scelse l’ospitalità dell’Ordine religioso più popolare; di chi egli era stato sempre fedele, quasi a voler indicare al popolo la strada da seguire. In tal senso, l’incontro con Fra ‘Ntoni, espressamente richiesto dal re, fu come un suggello sacrale sull’indissolubilità del rapporto fede-regno: come affermare solennemente che quella strada era voluta dal Signore. Altra testimonianza della visita di Ferdinando II a Rogliano è data da uno scrittore locale del tempo, che in una nota rivela particolari, sia sul viaggio del re che sull’incontro di quest’ultimo con il fraticello di Panettieri. <<Nell’anno 1852 Ferdinando Borbone, con molto apparato di forza militare, viaggiò alcune province del già regno. Giunto in Cosenza, fece capire che non volea dimorarvi di notte per timore della febbre periodica e quindi un disturbo pel povero intendente Mazza, il quale non potea giungere a comprendere dove al re fosse piaciuto pernottare; e fu li per gettarsi da un balcone se non lo soccorreano i suoi più fidi. Pertanto, indagando, trapelando, annasando, si riuscì a scoprire, ma così in nube, che si  sarebbe dovuto andare a Rogliano; e furon tosto dati ordini di apparecchi colà. Ed il Re avviossi, ma giunto più che a metà di strada, ordinò di tornare indietro, e cominciò a domandare di cui si fossero i casini che lungo la strada si attrovano. Qui nuovo imbarazzo per l’Intendente non essendo alcuno di quei casini addobbati per un reale ricevimento, e perché in allora eranvi pure casini rivoluzionari dove il Re sicuramente non volea dormire. E già fu costretto riposare per più tempo presso un granaio in compagnia di un fattore in una casaccia mezzo diruta, sino a che non fosse allestito un casino meno abominevole>>. <<Con questi precedenti – continua la nota del meticoloso scrittore roglianese – si giudicò che nel passar da Rogliano molto meno si sarebbe fermato nel palazzo Morelli – divenuto ultrademagogico con quasi tutto il paese – ed occorse molto studio per indagare le intenzioni del Re, il quale come volle Dio fece intendere che si sarebbe dimorato in convento. E andovvi; ed a sera conversò lungamente con Frate Antonio, si dilettò molto col suo ghiro, e poscia recitò il rosario ed altre sante preci. Frate Antonio, per suo passatempo, si era pazientato di educare un ghiro che quasi obbediva alla chiamata, e facea mille lazzi e smorfiette. Il Re, devoto, ne prese gran piacere: lodò il frate come santo, volle raccomandato in Dio; e compì di qualche somma il convento che, a perenne memoria, ordinò si ponesse sotto regio patronato>>.

 

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